Branca Doria

 

Branca (Brancaleone) Doria nasce a Genova verso il 1235 da Nicolò e da Preziosa, figlia naturale di Mariano II giudice di Torres. Il ramo della famiglia Doria al quale appartiene è particolarmente legato alla Sardegna, sia per le numerose proprietà fondiarie che per i legami matrimoniali: la madre di Nicolò è figlia di Comita II, giudice di Torres; Branca stesso sposa, intorno al 1253, Caterina figlia di Michele Zanche, giudice di Torres. Nel 1272 ottiene, insieme con il fratello Mariano, il giuspatronato sulla chiesa di Monteleone Roccadoria e inizia ad occuparsi del grande patrimonio territoriale della famiglia in Sardegna, comprensivo della città di Alghero, delle curatorie di Nurra e Nulauro e di altre località del Logudoro. Divenuto capo della famiglia a seguito della morte del padre e del fratello primogenito Mariano, interviene personalmente fin dal 1278 nell’amministrazione dei possedimenti in Sardegna, che nel 1282 incrementa acquistando da Corrado Malaspina le località di Castelgenovese (oggi Castelsardo), Casteldoria e la curatoria dell’Anglona. L’anno successivo si trova forse ad Alghero, durante l’assedio condotto contro la città dalle truppe pisane alleate con il giudice d’Arborea, e viene costretto ad abbandonare la città dopo la resa. Si colloca forse in questo periodo la vicenda che, in base al racconto fattone da Dante, darà a Branca Doria una perpetua fama negativa: l’assassinio del suocero Michele Zanche, che sarebbe avvenuto durante un banchetto a opera di un familiare di Branca e per suo ordine; episodio riportato solo dal poeta, e sulla cui veridicità sussistono molti dubbi.

Nel 1284 Branca è a Genova, dove prende parte alla battaglia della Meloria, quindi a Firenze, dove partecipa alle trattative per l’accordo tra Genova e Firenze in funzione antipisana. Nel 1287 riprende a occuparsi personalmente dei possedimenti sardi, per i quali nel 1285 aveva rilasciato procura al figlio Bernabò, e avvia una serie di accordi volti a ottenere il riconoscimento del titolo di giudice di Torres e la conseguente dignità di principe sovrano: il 23 dicembre 1287 - insieme con i nipoti Saladino e Nicola, figli del defunto Mariano – stipula con il Comune di Genova una convenzione che pone i suoi domini in Sardegna sullo stesso piano giuridico dei principati crociati di Terrasanta; nell’aprile 1288 si accorda con il Comune di Pisa per il risarcimento dei danni subiti in occasione dell’assedio di Alghero nel 1283; il 18 dicembre 1299 ottiene da papa Bonifacio VIII la legittimazione dei suoi diritti sul giudicato di Torres. L’anno successivo vede però fallire i suoi progetti, a causa della scomunica inflitta dal papa alla sua famiglia per aver appoggiato con una squadra di galee le operazioni di guerra di Federico III in Sicilia.

Branca si dedica negli anni seguenti ad accrescere i possedimenti nell’Oltregiogo e nel Ponente ligure, acquistando i territori di Tagliolo e Lerma e ottenendo il castello di Molare attraverso il matrimonio del nipote Brancaleone con Isotta del fu Tommaso Malaspina. Acquistato in tal modo il controllo dell’area ovadese dell’Oltregiogo, e della principale strada di transito per il commercio fra Genova e la pianura padana, Branca riprende la sua ambiziosa politica dinastica, offrendo appoggio nel 1308 a Giacomo II d’Aragona e ottenendone in cambio l’infeudazione dei territori del Logudoro in una cerimonia tenuta a Valencia il 21 settembre 1308. Già l’anno successivo l’accordo con il sovrano viene meno, mentre la rivalità tra le fazioni Spinola e Doria a Genova conosce un nuovo periodo di recrudescenza, che si conclude con la supremazia di fatto del figlio di Branca, Bernabò; nel 1311, al momento della discesa di Enrico VII in Italia, i due Doria ottengono dal governo genovese che all’imperatore venga conferita la signoria diretta della città. Nonostante la splendida accoglienza riservatagli nel suo palazzo, Branca non riesce a ottenere l’appoggio dell’imperatore alle sue pretese sulla Sardegna, e finisce per svolgere nei suoi possedimenti isolani azioni di interesse più economico che politico. Ottenuta nel 1313 la signoria sulla rocca di Tagliolo – che unisce ai possedimenti di Sassello, Lerma, Quiliano, Molare e Mioglia nella Riviera di Ponente, Lerici e Pertusola nella Riviera di Levante – Branca è costretto nel 1317 a lasciare Genova, nella quale non ritornerà mai più, a causa dell’ascesa al potere della fazione guelfa. Nonostante l’età avanzata, si lascia coinvolgere nella lotta politica, intervenendo come rappresentante della fazione ghibellina nel recupero del castello di Bonifacio, in Corsica. Nel 1321 concede nuovi statuti al borgo di Bonifacio e quello di Casteldoria, in Sardegna. Il 6 luglio 1323 prende parte alle solenni accoglienze per l’arrivo in Sardegna dell’infante don Alfonso, ma già nel settembre 1324, visto frustrato il tentativo di farsi riconoscere i castelli di Montacuto e Goceano, si pone contro l’alleanza sardo-aragonese e tenta di occupare Sassari. Il tentativo fallisce e costa la vita a un omonimo Branca Doria de Nurra, fatto giustiziare per ribellione a Sassari, insieme con il fratello Vinciguerra, da Filippo di Saluzzo, governatore aragonese della Sardegna. Il 3 agosto 1325, in un atto notarile rogato a Savona, Branca Doria ed il figlio Bernabò figurano già morti.

Documento 1

1282, febbraio 14, Genova

Lanfranco Spinola fu Ingo dichiara che Baldassarre Spinola e Romino de Nigro hanno prestato su sua richiesta e in solido con lui garanzia in favore di Corrado Malaspina nei confronti di Brancaleone Doria riguardo alla vendita a quest’ultimo di Castelgenovese, di Casteldoria e della curatorìa di Anglona, e si impegna a mantenerli indenni da tutte le possibili conseguenze dell’obbligazione da loro assunta.

AS GE, Notai antichi, 122, c. 43v.

AS GE, Notai antichi, 122, c. 43v. Edizione: E. Basso – A. Soddu, L’Anglona negli atti del notaio Francesco da Silva (1320-1326), Perfugas, 2001, pp. 73-74.

L’acquisto di Castelgenovese, di Casteldoria e della curatoria di Anglona, dietro pagamento della cifra di 9.300 lire, rappresenta la prima azione di ampliamento del patrimonio fondiario in Sardegna da parte del giovane Branca Doria, da poco diventato capo del suo ramo della famiglia. Branca viene così a estendere la propria autorità su buona parte del vecchio giudicato di Torres, ma di fatto si pone anche come il principale antagonista delle entità politiche isolane che mirano al predominio in quegli stessi territori: il Comune di Sassari, il giudicato di Arborea e quello di Gallura. Il tentativo di stabilire una dinastia propria in Sardegna sarà il motivo ricorrente di tutta la vita di Branca Doria, che svolge la sua azione politica nell’isola per circa cinquant’anni, tra la fine della lotte di predominio tra Genova e Pisa e l’inizio del dominio aragonese, che avrà come conseguenza il sorgere di nuovi conflitti per il controllo delle rotte commerciali del Mediterraneo occidentale.

Documento 2

1315, luglio 22, Genova

Brancaleone Doria riconosce di aver ricevuto dalla propria moglie, Caterina, il rendiconto e il pagamento integrale dei proventi a lei pervenuti dai possedimenti in Sardegna, a Genova e in qualsiasi altra località.

AS GE,  Notai Antichi, 127, cc. 165 v.- 166 r.

AS GE, Notai Antichi, 127, cc. 165 v.- 166 r.

Stipulato nel palazzo di rappresentanza di Branca Doria a Genova, situato in piazza San Matteo, questo atto di quietanza così formale tra marito e moglie potrebbe essere interpretato sotto una luce negativa, se non si tenesse conto della frequenza con la quale, a Genova, le donne venivano nominate procuratrici e amministratrici dei beni di famiglia. Anche la formula con la quale Branca si impegna a non muovere opposizione riguardo all’ammontare di quanto gli è dovuto fino al momento presente fa supporre che l’atto non indichi altro che il consuntivo di una gestione di beni destinata a proseguire nel tempo. Interpretato nell’ottica di una rapporto di fiducia tra coniugi, questo documento conferma i dubbi sull’autenticità del fatto di sangue che mosse Dante a una condanna così feroce da fare di Branca Doria il prototipo di quei traditori la cui anima, a causa del loro efferato delitto, precipita all’Inferno lasciando nel mondo solo il corpo, che “mangia e bee e dorme e veste panni”. Michele Zanche, nobile di Sassari arricchitosi con il commercio, legato sia ai Doria che agli Spinola dal matrimonio di due figlie, divenuto signore di fatto di Torres, sarebbe stato assassinato per ordine del genero in occasione di un banchetto; episodio che potrebbe essersi verificato tra il 1262 ed il 1284, ma sul quale non è stato trovato fino ad oggi alcun riscontro storico. Dante raccolse forse voci e sospetti in occasione del soggiorno di Branca Doria a Firenze per la stipulazione della lega contro Pisa, e – pur senza apprezzare la vittima del supposto tradimento, da lui posta egualmente all’Inferno tra i barattieri – fece del potente ghibellino il simbolo di tutti i difetti degli uomini politici, e dei suoi concittadini (ma non lesinò invettive anche contro pisani e fiorentini) l’incarnazione di ogni male, fino ad augurarsi la loro scomparsa dal mondo: “Ahi Genovesi, uomini diversi / d'ogne costume e pien d'ogne magagna, / perché non siete voi del mondo spersi?”.