Ugolino e Vadino Vivaldi

Figli di Amighetto, che nel 1264 risulta sposato con Giovannina, figlia di Giovanni Zaccaria, Ugolino e Vadino Vivaldi nascono a Genova nella seconda metà del Duecento. Il ramo della famiglia Vivaldi al quale appartengono deriverebbe, secondo i genealogisti, da Guglielmo Vivaldi figlio di Robaldo. Dei molti figli che vengono attribuiti ad Amighetto, due – Ugolino e Corrado – risultano aver già conseguito l’emancipazione dalla patria potestas il 5 settembre del 1284, quando entrambi ricevono dal padre 882 lire in accomendacione, per commerciare in Romania, nei territori soggetti all’impero bizantino; dal momento che la maggiore età corrispondeva al compimento dei venticinque anni e che l’emancipazione poteva essere accordata anche prima di tale data, si può presumere che i due fratelli siano nati intorno al 1260. Il nome di Vadino Vivaldi compare in due documenti rogati il 3 aprile 1291, appena un mese prima della partenza per il famoso viaggio verso le Indie. Il contratto di cambio su Maiorca che, in uno dei due atti, contrae anche a nome del fratello Ugolino ha permesso di identificare in lui il secondo dei Vivaldi della spedizione, come confermato anche dalla relazione del viaggio di Antoniotto Usodimare. L’esistenza di un altro fratello, Gabriele, è attestata da un documento del 1303.





1291, aprile 3, Genova
Vadino Vivaldi, a nome proprio e del fratello Ugolino, riceve da Antonio Negrone 500 lire di Genova e si impegna a pagare a Maiorca, a titolo di cambio, 527 doppie d’oro di buon peso.

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AS GE, Notai antichi, 64, c. 199r. Bibliografia: Revelli, n. IX; Ianuenses/Genovesi, p. 46.





Antonio Negrone, che contrae questo contratto di cambio, non è nuovo a rapporti di affari con Vadino, come appare da un altro documento, rogato nello stesso giorno, con il quale il Vivaldi dichiara di aver ricevuto da lui tutto quanto gli era dovuto per debiti precedenti. La partenza della spedizione è ormai imminente e l’isola di Maiorca, nella quale verrà portato a termine il contratto, è evidentemente uno degli scali previsti per la navigazione.
Nel mese di maggio del 1291 Ugolino e Vadino Vivaldi salpano da Genova con due galee, finanziate da Tedisio Doria e da altri investitori genovesi. Scopo del viaggio è aprire una nuova rotta di navigazione verso le Indie e trovare un percorso che possa costituire per i mercanti genovesi una valida alternativa alla via terrestre, resa impraticabile a causa della conquista da parte dei Mamelucchi delle ultime piazzaforti cristiane d’Oriente. La scelta di attraversare lo Stretto di Gibilterra non è più un azzardo: già nel 1277 una nave genovese ha seguito questo percorso e riaperto – per la prima volta dopo la caduta dell’Impero Romano – la rotta verso le Fiandre e il Mare del Nord; grazie alla loro eccezionale competenza nel settore delle costruzioni navali i genovesi si sono guadagnati l’appellativo di “Signori del mare”.





1291, settembre 18, Genova
Luchino Malocello riconosce a Tedisio Doria la proprietà della terza parte della galea Allegranza, che lo stesso Tedisio gli ha venduto il 21 agosto precedente, e si impegna a condurla in Romania e ritorno, condividendo con lui i rischi del trasporto.

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AS GE, Notai ignoti, busta 6, frammento 69 d. Bibliografia: Ianuenses/Genovesi, pp. 46-47.





Si è a lungo creduto che Ugolino e Vadino Vivaldi fossero partiti per il loro viaggio con le galee Sant’Antonio e Allegranza, di proprietà di Tedisio Doria, che il 26 marzo 1291 aveva ricevuto da Daniele Tartaro la somma di 750 lire di Genova da investire nel loro allestimento. Nel contratto le due galee figuravano però dirette nell’Oriente bizantino (Romania), quindi in direzione opposta rispetto allo Stretto di Gibilterra; l’esistenza di due contratti di nolo, in data 26 luglio e 1° agosto 1291, relativi alla galea Allegranza, diretta ad partes Syrie, divise gli storici tra quanti negavano e quanti invece affermavano che la galea fosse proprio quella utilizzata per la spedizione alle Indie. Il documento esposto potrebbe porre la parola fine alla questione. La galea Allegranza è stata venduta il 21 agosto 1291 a Luchino Malocello, che figurava tra gli investitori del contratto del 1° agosto, da Tedisio Doria, che il 18 settembre ne ricompra la terza parte per la somma di 350 lire, impegnandosi a pagarla entro i prossimi otto mesi. La galea è effettivamente diretta in Romania e non è ancora salpata. E’ inoltre davvero impossibile pensare che Iacopo Doria, che indica nel mese di maggio la data della partenza, possa essersi sbagliato su questo punto. Il nome delle imbarcazioni che si persero, con il loro equipaggio, nel “folle volo” dei fratelli Vivaldi rimane pertanto ancora da scoprire.
Nell’intraprendere il viaggio, mai tentato prima, «per attraversare il Mare Oceano fino all’India», i Vivaldi si premurano di avere a bordo, oltre ad acqua e provviste, anche due frati francescani; l’Ordine dei Frati Minori è infatti quello che, fin dai tempi delle missioni inviate da papa Innocenzo IV (si pensi al viaggio di Giovanni da Pian del Carpine) ha più dimestichezza con l’Oriente e con le missioni diplomatiche presso i khan tartari. Superato lo Stretto, le due galee avrebbero iniziato a bordeggiare la costa africana, ma non si sarebbe più avuta notizia di loro oltre una località chiamata Gozora, che secondo alcuni storici potrebbe essere identificata con la costa posta alla latitudine delle Canarie più settentrionali; altri ritengono invece che i Vivaldi abbiano tentato, due secoli prima di Cristoforo Colombo, la rotta dell’Occidente.





1291
L’impresa dei fratelli Vivaldi negli Annali di Iacopo Doria.

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AS GE, Manoscritti rientrati dalla Francia, 2, c. 186r.




Della spedizione dei fratelli Vivaldi scrisse l’annalista Iacopo Doria, zio del principale finanziatore dell’impresa, Tedisio Doria: «In quello stesso anno [1291] Tedisio Doria, Ugolino Vivaldi e suo fratello, con alcuni altri cittadini di Genova, intrapresero un viaggio che nessuno fino ad allora si era azzardato a compiere. Infatti allestirono perfettamente due galee e, rifornitele di vettovaglie, acqua e ogni altra cosa necessaria, salparono nel mese di maggio in direzione dello stretto di Ceuta (= Gibilterra), per andare attraverso il mare Oceano fino all’India e riportare da laggiù utili mercanzie. In quelle galee si imbarcarono personalmente i due fratelli Vivaldi e due frati Minori. Questa impresa fu davvero degna di meraviglia non solo per quanti ne furono testimoni, ma anche per quanti la udirono raccontare. E dopo che ebbero oltrepassato il luogo noto come Gozora non si ebbe più nessuna notizia certa di loro. Il Signore li conservi e li riconduca a casa sani e salvi!».
L’autore di un manoscritto spagnolo della metà del secolo XIV, noto come Libro del conoscimiento de todos los regnos, riferisce che l’equipaggio di una delle due galee dei Vivaldi, naufragata nei pressi di Amenuam, sarebbe stato portato a Graciona (Axum), mentre dell’altra galea, che aveva proseguito il viaggio, non si sarebbe saputo più nulla; racconta inoltre di aver incontrato nella città di Magdasor un genovese di nome Ser Leonis, diretto a Graciona alla ricerca del padre, ma che non aveva potuto proseguire il viaggio a causa del rifiuto del sovrano del posto, che gliene aveva negato licenza.





1303, luglio 7, Genova
Matteino Vivaldi, figlio emancipato di Gabriele, si impegna con il padre a portare con sé nel viaggio che è in procinto di fare ad partes Ispanie la somma di 600 lire di Genova, appartenenti a entrambi e a Sorleo, figlio del defunto fratello di Gabriele, Ugolino, e ad impiegarla nel commercio, presentandogli al ritorno a Genova il rendiconto della sua gestione con tutto il profitto.

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AS GE, Notai ignoti, busta 8, frammento 93 j. Bibliografia: Ianuenses/Genovesi, p. 48.




Sorleo Vivaldi, figlio di Ugolino, che in altro documento del 1° marzo 1302 riceve - poco più che diciassettenne - una accomendacio per un viaggio in Sicilia, ha intrapreso l’attività di mercante come il padre e altri componenti della famiglia. E’ da identificare con lui il genovese Ser Leonis, incontrato in Africa – dove si è recato alla ricerca del padre - dall’autore del Libro del conoscimiento de todos los reynos.
Il genovese Antoniotto Usodimare, che a metà del XV secolo esplora la valle del Gambia e l’arcipelago di Capo Verde, racconta di aver incontrato in Africa un uomo che asseriva di essere l’ultimo discendente dell’equipaggio dei fratelli Vivaldi e riporta sull’esito della spedizione notizie che avrebbe appreso al Cairo da alcuni mercanti etiopi: una delle due galee si è arenata in una secca, l’altra, che ha continuato il viaggio fino a una città etiope detta Mena, nei pressi del fiume Sion, non ha più potuto proseguire né tornare indietro, a causa della cattura dell’equipaggio da parte degli abitanti della città, cristiani d’Etiopia sottoposti all’autorità del prete Gianni.
La memoria dei fratelli Vivaldi era quindi ancora viva a quasi duecento anni dalla loro scomparsa. La loro sfortunata ma coraggiosa impresa destò grande scalpore e risonanza presso i contemporanei, e si ritiene che abbia ispirato a Dante i versi sulla fine di Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno: «e volta nostra poppa nel mattino / de’ remi facemmo ali al folle volo / sempre acquistando dal lato mancino».




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