Frammenti danteschi
La consuetudine di reimpiegare fogli di pergamena già scritta, parti di codici ormai incompleti, per rifasciare registri o "piatti" di cartone o per costituire fogli di sguardia di volumi a stampa, ha permesso, dopo secoli, il recupero di frammenti di opere che diversamente sarebbero andati perduti: codici di grande eleganza, con capilettera a motivi floreali e decorazioni a foglia d’oro; testi di studio, con glosse sui margini e nell’interlina; esemplari meno costosi, scritti su carta o con grafia meno professionale. Molti di questi provengono dalle filze degli atti di notai Cinque-secenteschi, che le hanno reimpiegate per rivestire frontalini di cartone o per rifasciare singoli atti o rubriche; di alcuni, estratti in passato senza tener nota della loro collocazione archivistica, non è più possibile ricostruire la provenienza. Sono così tornate alla luce pagine di testi sacri, di antichi Statuti, degli storici latini, dei filosofi dell’epoca classica e medievale, di messali e codici musicali, anche di pregevole fattura. Pur nella loro frammentarietà, queste pergamene sono una preziosa testimonianza della varietà degli interessi e del gusto artistico della committenza dei secoli XII-XVI, tuttora evidente nei riflessi della foglia d’oro e nella brillantezza dei colori.
Nel dominio quasi assoluto della lingua latina, l’uso del volgare si evidenzia in poche pergamene che riportano testi ecclesiastici o letterari, e in alcuni frammenti della Divina Commedia risalenti al XIV secolo, a ulteriore riprova della fortuna che l’opera di Dante ebbe nella Liguria medievale. Proprio a Genova fu scritto nel 1336 il più antico esemplare conosciuto della Commedia, ad opera di Antonio da Fermo e su committenza dell’allora podestà Beccario Beccari di Pavia (Piacenza, Biblioteca Passerini – Landi, codice 190).
Un gruppo di tredici frammenti fu rinvenuto nel 1922 nelle filze degli atti dei notai di Chiavari: undici furono trovati da Leopoldo Valle, che si avvalse di un’indicazione dello storico Arturo Ferretto; gli altri due (fr. II, VI) da Raffaele Paolella, assistente dell’Archivio. Tre dei frammenti erano stati utilizzati per rifasciare le pandette degli atti dei notai Angelo Maria de Ferrari, di cui si sono conservati atti rogati tra il 1583 ed il 1623 (fr. XII), e Vincenzo Basteri iuniore, attivo tra il 1677 ed il 1733 (fr. II e VI). Le restanti pergamene erano state reimpiegate nei frontalini delle filze del notaio Vincenzo Basteri seniore (1577-1636). La provenienza degli atti dei tre notai indica in Varese Ligure il luogo nel quale potrebbe essere stato effettuato il reimpiego del codice, decorato con numerose miniature di piccolo formato. Leopoldo Valle, che attribuì i frammenti a copisti toscani, ipotizzò che provenissero da due codici distinti, per la presenza all’inizio dei canti di rubriche in latino (fr. VII, VIII) e in volgare (fr. I, III, IV, V, VI, X, XI, XII). Il distacco dei frammenti dalla struttura dei frontalini, effettuato da mani non professionali, provocò ulteriori danni alle pergamene, già in condizioni molto precarie a causa di azioni meccaniche di sfregamento e dall’avvicinamento ad una fonte di calore.
La pergamena XIV, proveniente da altro codice e rinvenuta da Giorgio Costamagna, era stata reimpiegata per fasciare la pandetta degli atti rogati tra il 1597 ed il 1598 dal notaio Marco Antonio Molfino. L’azione di un roditore ha provocato gravi lacune sui margini laterali, compromettendo una delle due colonne sulle quali è riportato il testo.
Tutte le pergamene dantesche, il cui testo riporta diverse varianti rispetto all’edizione della Società dantesca italiana, sono state sottoposte a restauro nell’ambito dell’iniziativa "Adotta un documento"; i primi tredici frammenti nel 2009 grazie al famoso attore e regista Roberto Benigni; la pergamena XIV nel 2016 grazie a un affezionato utente dell’Archivio.
Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, XXXIII, 81-157 / Inferno, XXXIV, 1-93. Documento membranaceo, mm 330 x 233, XIV secolo, AS Ge, Pergamene dantesche, I. Bibliografia: L. Valle, Frammenti di codici della Divina Commedia nell’archivio notarile di Chiavari, in Dante e la Liguria, Milano 1925, pp. 253-260.
La pergamena, l’unica dei tredici frammenti rinvenuti nel 1922 ad appartenere alla prima Cantica, riporta la celebre invettiva contro i genovesi (XXXIII, 151-157): «Ai genovesi, huomini diversi / d'ogne costume et pien d'ogne magagna, / perché non sete voi del mondo spersi? / Ché col peggiore spirto di Romagna / trovai di voi un tal, che per sua opra / in anima in Cocito già si bagna, / e in corpo par vivo ancor di sopra». Come in tutti i frammenti, il testo è riportato su due colonne di 48 linee, senza rispetto della completezza delle terzine nella chiusura delle colonne; le lettere iniziali di ogni terzina, scritte in maiuscolo, sporgono sulla sinistra. La miniatura presente sul recto raffigura Dante e Virgilio dinanzi a tre peccatori raffigurati nudi all’interno di una buca; sul verso, parzialmente cancellato, è raffigurato Lucifero nell’atto di divorare Giuda, Bruto e Cassio. Il passaggio dal canto xxxiii al xxxiv è evidenziato, senza soluzione di continuità, dalla rubrica in inchiostro rosso: «Canto xxxiiii et u[ltimo de la prima cantic]a di Dante / Alleghieri nel qu[ale canto tratta del p]rincipe / delli indovini et t[raditori de loro signo]ri et / narra com[e uscie de l’inferno].