1190 Tiro
1190, aprile 11, Tiro
Corrado di Monferrato, signore di Tiro, Sidone e Beirut, ricordate le benemerenze dei genovesi per la difesa della Terrasanta e in particolare di Acri, concede al Comune di Genova, rappresentato dal console Guido Spinola, libertà di commercio e propria giurisdizione in Tiro, la terza parte dei proventi portuali, piazze, bagni e un forno, oltre al casale di San Giorgio.
Documento membranaceo, mm. 330 x 280. AS Ge, Archivio Segreto, 2721, n. 25. Bibliografia: Liber iurium, I, 1854, n. 374; Codice diplomatico 1936-1942, II, n. 194; Libri Iurium, 1992-2002, I/2, n. 331; Tutti i genovesi 2015, pp 50-52.
Tiro viene espugnata dai crociati nel 1124, dopo un assedio al quale partecipano attivamente i veneziani in virtù del cosiddetto pactum Warmundi, che assegna loro un terzo degli edifici e del suo territorio. L’economia della città è legata al porto, frequentato da mercanti cristiani e musulmani, che commerciano per lo più con l’Egitto. Si tratta di un mercato vivace: la regione circostante fornisce zucchero, olive e vino; ugualmente rinomate sono le industrie dei tessuti, della seta e dei vetri. I genovesi non vi otterranno possessi o privilegi prima della battaglia di Hattīn del luglio 1187. La città sfugge alla conquista del Saladino grazie al soccorso del marchese Corrado di Monferrato, supportato dai marinai liguri che ottengono in cambio ampie concessioni. Il privilegio dell’11 aprile 1190, successivo al riconoscimento del marchese come signore della città, rappresenta il vero atto di nascita della presenza genovese a Tiro. Il marchese concede al Comune, rappresentato dal console Guido Spinola, libertà di commercio e propria giurisdizione nella città, ad eccezione dei casi di omicidio, furto e rapina (fatto salvo il diritto ad un primo grado di giudizio presso la curia genovese), oltre al divieto di arresto per i genovesi (o per coloro che si fossero dichiarati tali) che abbiano presentato un fideiussore capace di testimoniare contro l’eventuale calunnia. Oltre a ciò, vengono riconosciuti ai genovesi un terzo dell’introito delle tasse portuali, con licenza di utilizzare i propri pesi e misure (tra cui sono citati il cantaro, la bussa e il moggio), e diversi possessi territoriali, tra cui il casale di San Giorgio e quello di Oraca, un grande giardino detto “della Regina”, due giardini più piccoli, un mulino regio, bagni per uomini e donne, un forno situato nel borgo nuovo con una volta contigua, un macello, una piazza e due isolati di case, e inoltre una casa appartenuta un tempo ad un certo Opizzo Lombardo, situata supra portum Tyri. Il 14 aprile dello stesso anno, su sollecitazione di Corrado di Monferrato, del console genovese Guido Spinola e dei canonici della cattedrale di Genova, l’arcivescovo di Tiro, Ioscio, concederà ai genovesi presenti in città il permesso di erigere una chiesa e di nominarvi un proprio cappellano. Tali concessioni saranno ampliate ulteriormente nel settembre del 1195 dal conte palatino Enrico di Champagne, nuovo re di Gerusalemme.
A.M.