La strage di San Martino
Il 13 gennaio 1944 due esponenti dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), Giacomo Buranello e Andrea Scano, organizzano un attentato ai danni di alcuni ufficiali tedeschi, uno dei quali rimane ucciso. Poche ore più tardi, il prefetto Carlo Emanuele Basile convoca il Tribunale Militare Speciale, che in riunione notturna condanna a morte otto civili, detenuti come prigionieri politici nel carcere di Marassi. La fucilazione, prima azione di rappresaglia nazifascista a Genova, avviene il 14 gennaio al Forte San Marino. Il tenente Giuseppe Avezzano Comes, a capo di un drappello di carabinieri convocati come plotone di esecuzione, rifiuta di obbedire all’ordine; dopo il suo allontanamento, gli uomini del plotone sparano in aria. L’eccidio viene perpetrato anche materialmente da elementi nazifascisti.
1944, gennaio, Genova
Manifesto che offre un premio di un milione di lire per la cattura degli autori dell’attentato compiuto in via XX settembre contro due ufficiale tedeschi.
AS GE, Repubblica sociale italiana, 22, fasc. 7
1944, gennaio 15, Genova
Lettera anonima inviata al prefetto Carlo Emanuele Basile in merito alla fucilazione di otto civili italiani al Forte di San Martino.
AS GE, Repubblica sociale italiana, 22, fasc. 7 | Ill.mo capo della Provincia di Genova Carlo Emanuele Basile La sentenza di oggi ha profondamente addolorato il cuore di Genova, di coloro che si sentono veramente italiani ed oggi senza più alcuna difesa. I condannati alla fucilazione anche se rei confessi dovevano essere processati, difesi come è avvenuto per il processo dei Ministri per dare al popolo la certezza delle loro colpe. Ma questo non si poteva dimostrare perché molti erano buoni italiani combattenti colpevoli forse di non essere stati un tempo fascisti. Con tali barbari sistemi si inaspriscono sempre di più gli animi. Neppure le truppe di occupazione commettono gli atti di violenza a cui dobbiamo assistere passivi alle truppe che oggi si dichiarano nostri alleati. Voi ignorate il barbaro trattamento a cui sono sottoposti molti cittadini che pur avendo un passato onesto glorioso di fascisti e combattenti giacciono a soffrire nelle carceri di Marassi senza alcuna possibilità per i congiunti di saperne il motivo, difenderli, assisterli. Pacifici lavoratori vengono prelevati dalle proprie famiglie dalla polizia Germanica con armi spianate; fustigati a sangue / senza nulla aver commesso, magari per una semplice lettera anonima dettata da vecchia ruggine, che definisce tizio un sovversivo delinquente ecc. gettato nel carcere in attesa che qualche fatto lo condanni alla fucilazione, pur non avendo alcuna colpa. La nostra questura non vale più nulla, le nostre autorità rimangono inermi a queste prepotenze che devono cessare se si vuole la calma, la pace e la reciproca collaborazione. I traditori devono essere puniti, giustiziati ma quando le prove sono schiaccianti e non decapitare inermi cittadini, colpevoli solo di essere italiani perché oggi è proprio così. La giustizia deve venire dall’alto, così soltanto si eviteranno altre innocenti vittime e la pace il lavoro animerà tutti alla vittoria finale. Crediamo che la S.V. vorrà interessarsi della cosa come nostro capo. Un gruppo di veri italiani. Genova 15 gennaio 1944 |
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