Corte d’Assise Straordinaria

Il capovolgimento di prospettiva che si impone con la Liberazione emerge soprattutto dalle carte processuali delle Corti d’Assise straordinaria e speciale, versate in Archivio solo nel 2009. Questi tribunali operano tra il 1945 e il 1948: istruiscono a Genova 251 processi a carico di 395 collaborazionisti imputati di reati di varia gravità e giungono ad emettere per 313 di essi una sentenza di condanna, che tuttavia è scontata interamente in appena 17 casi. L’amnistia approvata nel luglio 1946, su proposta del guardasigilli, il comunista Palmiro Togliatti, insieme a successivi atti normativi simili, finisce infatti per annullare le sentenze di condanna dei criminali fascisti: il capovolgimento non è stato totale e neppure è stato duraturo, nonostante la frustrazione di coloro che nei difficili anni del conflitto avevano scelto, in città o in montagna, la pericolosa via della clandestinità e della lotta armata antifascista.

Il processo per l’uccisione di Ernesto Jursé e Giuseppe Spataro: la testimonianza della vedova Jursé

1945, luglio 19
Testimonianza di Caterina De Luisa, vedova Jursè
In questa deposizione Caterina rievoca i momenti drammatici dell'arresto del marito, Ernesto Jursè, importante comandante partigiano e capo delle SAP di Sampierdarena e le torture da lui subite durante gli interrogatori da parte delle Brigate nere, a cui ha assistito, prima della fucilazione avvenuta al Campasso il 15 gennaio 1945. Anche in base alla sua testimonianza Benedetto Franchi, capo delle Brigate nere di Sampierdarena e Nicolò Criscuolo, suo vice, furono condannati a morte dalla Corte straordinaria d'Assise e fucilati il 30 gennaio 1946.

Io sottoscritta DELUISA Caterina ved. Jursè, dichiaro quanto appresso:

La sera del 12/1/45 si presentarono presso l’abitazione di Via Donghi 28/35, Genova due individui in abito civile con rivoltella alla mano, i quali chiesero del signor Jursè Ernesto, dicendo che era desiderato dal suo caro amico Pasquali; mio marito si presentò, unitamente a me, a quei due, i quali cercarono di trascinarlo via, ma trattenuto con forza da me, che impaurita ed eccitata non volevo lasciarlo. I due, lasciandolo, si consigliarono di andare ad avvertire l’amico Pasquali, diffatti uno andò e l’altro rimase di guardia. Poco dopo ritornò accompagnato dall’amico Pasquali che mio marito affatto non conobbe. Detto Pasquali, con brutte maniere, intimò a mio marito di seguirlo, ma io che non intendevo lasciarlo andar via solo, cercavo di trattenerlo talmente, che mi fu acconsentito di accompagnarlo.

Di fronte al portone di casa una macchina Topolino era ferma e su di essa fummo portati a Sampierdarena alla casa delle Brigate nere. In detta famigerata casa fummo separati, sempre con la forza, e mi fu detto che mio marito doveva essere interrogato e che la mia presenza era inutile. Un dottore, chiamato da una camera vicina, mi domandò se mi sentivo male e al mio silenzio, mi chiese che se volevo lui mi avrebbe fatto un’iniezione, ond’io risposi che l’avrei fatta dopo l’interrogatorio di mio marito. In questa terribile attesa cercai di afferrare qualche parola dell’interrogatorio, ma nulla potei intercettare sia per lo stato d’animo depresso che per l’incomprensibilità delle parole dette in quella camera di torture.

Poco dopo, il famoso Pasquali uscì dalla camera e ad una brigata nera disse ad alta voce di portarci Oddone e Zancar, in un secondo tempo uscì nuovamente dalla camera gridando ai suoi subalterni di portarci subito l’Oddone e lo Zancar; i due comparvero con un aspetto disinvolto. Entrò prima l’uno e ne uscì subito, entrato l’altro, pure lui se ne uscì subito e soffermandosi per allacciarsi una scarpa si rivolse ad una brigata nera dicendogli con un sorriso ironico: “Quando l’hanno preso?”. Quindi i due si allontanarono.


25 aprile - Corte d'assise 1
25 aprile - Corte d'assise 2

Dopo ciò in quella camera era un continuo gridare e ben udendo la voce del mio povero marito che urlava “Non è vero, non è vero”, mi lanciai verso quella porta, ma fui trattenuta da quei brigantacci, i quali da ogni parte uscivano, chi mettendomi luride mani sulla bocca, chi tenendomi per le braccia, ed un / altro che prendendomi per le spalle cercava di farmi indietreggiare, gli gridai: “Come siete cattivi”, questo mi lasciò, allora di corsa raggiunsi la porta della camera ed apertala vidi il mio povero marito che sotto le percosse di quei criminali implorava pietà, almeno per sua moglie.

Fui subito trascinata fuori e il famoso Pasquali ordinò ad una brigata nera di gettarmi via. Dopo aver sostato in quella terribile situazione per circa un’ora, sempre udendo grida provenienti dalla camera dove era il mio povero marito, fui portata a pianterreno e consegnata ad un altro della brigata nera, che nel parlare intuii fosse milanese, questi con modi un po’ più umani, mi condusse in un'altra camera dicendomi di non preoccuparmi che mio marito verrebbe rilasciato. Dopo alcuni minuti il milanese mi disse di seguirlo perché unitamente ad altri dovevamo andare nell’abitazione di Via Donghi per una perquisizione, perquisizione che fu fatta scrupolosamente, rovistando in ogni luogo, ma con esito negativo.

Durante il processo a carico degli 11 criminali, ch’io presenziai, ebbi agio di conoscere nel famoso “amico Pasquali” il criminale Crisquolo, in quello che mi tenne per le spalle il criminale Franchi e in quello che comandava la bada durante la perquisizione il criminale Tenconi.

Durante il processo, che ero accompagnata dal Sig. Vigne Duilio, ho potuto parlare con il Crisquolo e con il Tenconi, il primo dei quali ad una mia domanda ch’io volevo sapere chi denunciò il mio povero marito, esso mi rispose che era stato condannato da Oddone, Zancar con la collaborazione di una amante di loro.

Genova, 19 Luglio 1945

De Luisa ved. Jurse



La sentenza

UMBERTO DI SAVOIA
PRINCIPE DI PIEMONTE
LUOGOTENENTE GENERALE DEL REGNO
LA CORTE STRAORDINARIA D’ASSISE DI GENOVA

composta dei signori:


I°) Cugurra Cav. Uff. dott. Giuseppe Presidente
2°) Fantino Italo Giudice popolare
3°) Calvo Roberto Giudice popolare
4°) Garbarino Giovanni Giudice popolare
5°) Secci Mario Giudice popolare


Ha pronunciato la seguente

SENTENZA
Contro

1°) FRANCHI BENEDETTO fu Lincoln e fu Vittone Rosa, nato in Torino il 25 Gennaio 1906 -residente in Genova Sampierdarena detenuto – presente;
2°) CRISCUOLO NICOLA fu Francesco e fu Gacciolli Carmela, nato ad Aversa il 7/6/1896 residente in Genova detenuto – presente;
3°) DI GENNARO GIUSTINO fu Gustavo e fu Gemma Di Salvatore, nato a Napoli il 7/4/1890 residente in Genova detenuto – presente;
4°) PRISCO MANFREDI di Giuseppe e di Maffei Filomena, nato a Solofra il 23/7/1914 residente a Genova detenuto – presente;
5°) NICCOLI SALVATORE di Carlo e fu Valvassori Francesca, nato a Sampierdarena il 4/12/1899 ed ivi residente detenuto – presente;
6°) TENCONI COLOMBO fu Giacomo e di Betirello Emilia nato a Sampierdarena il 2/2/1903 ed ivi residente detenuto – presente;
7°) PIERROTET Ing. ERNESTO fu Lazzaro Arturo e di Emilia Monteverde nato a Genova il 7/4/1895 ed ivi residente detenuto – presente;
8°) COSSU GIUSEPPE fu Francesco e di Silveri Maria, nato a Villanova Monteleone il 2/6/1894 residente a Cornigliano detenuto – presente.
9°) CAGLIERI MANLIO fu Raffaele e di Ceccarelli Igina, nato a Marina di Pisa il 27/2/1900 residente a Genova detenuto – presente;
10°) SEVIERI BRUNO di Paolo e di Ventoni Paradisa, nato ad Altopasso il 20/8/1899 residente a Genova detenuto – presente;
11°) SANNA SALVATORE di Stefano e di Liveri Maria, nato a Castel Sardo il 12/4/1911 e residente a Genova detenuto – presente

imputati

25 aprile - Corte d'assise 3

1° TUTTI:
a) di collaborazione col tedesco invasore a sensi dell’art. 5 D.L.L. 27 Luglio 1944 n. 159 in relazione all’art. 51 cod. pen. Mil. di Guerra per avere, appartenendo alla 31.a Brigata Nera – I° Battaglione il Criscuolo quale Comandante la Prima Compagnia, il Franchi quale Comandante il Battaglione, il Pierrotet quale aiutante maggiore del Battaglione e gli altri quali militi, prestato aiuto ed assistenza al tedesco invasore nelle sue operazioni militari con attività militare e poliziesca anche senza l’osservanza delle leggi di guerra, adoperando sevizie ed agendo con crudeltà verso le persone, anche a scopo intimidatorio e terroristico, contro le formazioni partigiane e contro i patrioti cospiratori, svolgendo tale attività allo scopo di favorire sia il tedesco invasore sia la repubblica fascista asservita al tedesco stesso.-
Reato commesso dal luglio 1944 al 23/4/45 principalmente in Genova e paesi vicini.-

b) Di collaborazione col tedesco invasore a sensi dell'art. 5 D.L.L 27 Luglio 1944 n. 159 in relazione all'art. 58 C.P.M.G per avere nelle stesse circostanze soggettive ed oggettive di cui alla lettera precedente a) e con le stesse azioni criminose, favorito i disegni del nemico tedesco sul territorio occupato ed invaso.

FRANCHI e CRISCUOLO inoltre:
c) Di concorso in omicidio continuato aggravato a sensi degli articoli 81- 110 - 575 – 576 C.P. in relazione al n. 2 dell'art. 61 C.P. e 577 n. 3 stesso codice, per avere in concorso fra di loro e di altri non identificati nel periodo dal 7/8/944 all'aprile 1945, allo scopo di consumare i reati rubricati sub a) e b), con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante esecuzioni sommarie, cagionato la morte di 14 detenuti od indiziati politici, tra i quali Jours e Spataro, appartenenti alle formazioni S.A.P., Ferraris, Ricciotti, Maestri, Bozzano e Canepa ed anche una donna a cognome Noli, fatti compiuti in Sampierdarena, Cornigliano, Sestri e Campomorone e per avere in Campomorone compiuti atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Pestalozza Carlo, non riuscendo nell'intento per circostanze indipendenti dalla loro volontà.

FRANCHI – CRISCUOLO – NICCOLI – DI GENNARO e PRISCO
d) Di concorso in lesione personale aggravata a sensi dell’ art. 110 112- n. 1- 582 in relazione all’art. 583 n. 1 e 61 n. 2 C.P. per avere il 19 gennaio 1945, in concorso fra di loro e di altri due non pienamente identificati, allo scopo di consumare il reato di cui sub a), cagionato a Badino Luciano, Commissario della Brigata partigiana "Buranello", mediante ripetuta immersione in acqua bollente, lesioni personali agli arti inferiori, dalle quali derivò al medesimo malattia che mise in pericolo la vita e che tuttora lo rende infermo.-

CRISCUOLO in particolare:
e) del delitto continuato di cui all’art. 520 C.P. in relazione all’art. 81 cpv stesso codice, per essersi nel periodo dal luglio 1944 all'aprile I945, in Sampierdarena, nelle celle della Casa Littoria e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, congiunto carnalmente con prigioniere di cui aveva la custodia a cagione della sua qualità di Comandante della già detta Compagnia di Brigata Nera e Capo dell’Ufficio Politico.-

SANNA e DI GENNARO
f) Di concorso nel reato di tentato omicidio a sensi dell’art. 56-110 575 C.P. per avere in Genova nel dicembre 1944 e in concorso fra di loro, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di Rista Riccardo, sparandogli numerosi colpi di pistola, mentre lo inseguivano per arrestarlo, lacerandogli una manica della giacca.-

Fatto e diritto

Questa Corte si rimette in fatto a quanto risulta dagli atti di causa e dalle risultanze dell'orale dibattimento.-

La spietata persecuzione degli antifascisti in genere e degli elementi delle formazioni partigiane in particolare era condotta dai prevenuti con così bieca ferocia e con tale instancabile meticolosità per la eliminazione senza misericordia dei volontari della libertà, che è pressoché impossibile riprodurre schematicamente gli episodi molteplici affiorati.-

L'istruttoria, pur nella sua comprensibile sommarietà, ha messo in luce un numero inverosimile di crimini e durante lo svolgimento del processo, si dovette forzatamente limitare il numero delle persone presentatesi per denunciare spontaneamente nuovi fatti.-

Risultò una nuova serie di sanguinose rappresaglie con fucilazioni in massa di ostaggi, numerosi rastrellamenti ed arresti di persone che venivano avviati nei campi di eliminazione tedeschi, il tutto in stretta collaborazione con le forze armate tedesche.

Con particolare perversità d’animo venivano arrestate le famiglie dei patrioti renitenti alla chiamata per costringerli a presentarsi.

Ma vi era anche un’altra attività della banda, ben più spaventosa. Le vittime venivano torturate con raffinata crudeltà, sevizie mostruose, prove ripetute di impiccagione, finte fucilazioni, ammanettature stritolanti, sospensioni per un braccio, giovani prigioniere violentate ecc. Occorre mettere in rilievo, al riguardo, che a parte per le fucilazioni di ostaggi, prove inconfutabili si sono avute solo in qualche caso per il provvidenziale miracoloso salvataggio di alcune vittime, mentre di altri disgraziati, in numero ancora impressionante, rimasti uccisi, non è stato possibile raccogliere alcun elemento essendo stata distrutta la generica; i corpi vennero fatti sparire e le invenzioni più angosciose dei parenti non poterono indurre gli imputati ad indicarne il punto ove fu seppellita la vittima.

Potrebbe trattarsi di uno dei corpi gettati in mare al largo di Portofino (vedere foglio 13 ad es.) secondo un sistema che pare sia stato attuato d’accordo coi tedeschi, evidentemente per far sparire le tracce di spaventosi crimini perpetuati nel segreto della Casa dello studente e delle attive succursali fra cui importantissima e benemerita la Casa littoria di Sampierdarena, gestita dalla ditta Benedetto Franchi, Criscuolo e compagni.

A meglio caratterizzare l’attività criminosa dei prevenuti converrà di esaminarla attraverso alcuno dei principali episodi.

Le azioni di rappresaglia, portarono alla fucilazione di sei ostaggi in Campomorone, di due patrioti in Campasso, di tre patrioti in Cornigliano e di altri quattro in Sestri Ponente.

Basterà richiamare per tutti l’episodio di Campomorone, cosi efficacemente descritto dal teste Pestalozza, miracolosamente sopravvissuto alla fucilazione.-

A seguito della fucilazione in territorio di Campomorone di due militi delle Brigate Nere, ad opera di individuo rimasto sconosciuto, di nottetempo venne eseguito il prelevamenti dalle rispettive abitazioni in Campomorone, di sei fra le più rispettabili persone e senza alcuna formalità preliminare si procedette alla loro fucilazione.

Fra i sacrificati vi era una ragazza, certa Noli che essendo svenuta appena apprese la sorte riserbatole rimase senza conoscenza fino all’ultimo momento e venne uccisa per terra, nel punto stesso dove era stata gettata come un fagotto di cenci.

Ordinatore della fucilazione il Franchi ed esecutore materiale il Criscuolo insieme con certo Cugini ed altri elementi sconosciuti della Brigata Nera di Sampierdarena.-

Che sia stato il Franchi ad ordinare la rappresaglia lo ha deposto il Pestalozza e lo ha dichiarato lo stesso Criscuolo quando nel suo primo interrogatorio a foglio 4, ha pure ammesso che ad ordini impartiti dal Franchi si debbono tutte le rappresaglie eseguite. Il Franchi però ha sempre protestato di avere eseguito ordini superiori, come della Federazione, mentre il Criscuolo ha escluso sempre la sua materiale partecipazione alle esecuzioni, cui, secondo lui, avrebbe sempre assistito, ma a debita distanza.

In un solo caso, per l’eccidio di Sestri, il Criscuolo ha indicato fra gli esecutori materiali certo Cadeddu ed il Sevieri ed ha pure ammessa la partecipazione, quale confortatore, dell’ing. Pierrotet, che del resto, sulle modalità dell’esecuzione delle svariate rappresaglie tutti gli imputati hanno mantenuto sempre un silenzio molto significativo. Né è meno trascurabile l’attività della Brigata in tema di sevizie e torture.

Particolarmente impressionanti sono state, su tale argomento, le testimonianze del dott. Sando, del Badino Luciano, del Rista, del Mondatori e del Ghersi, questi ultimi quattro vittime essi stessi.-

Particolare menzione, per inaudita crudeltà, merita il crimine consumato ai danni del Badino Luciano e del Mondatori Giuseppe, seviziati in una cucina fuori uso della casa Littoria di Sampierdarena.

Il sistema ideato da certo Gibelli e diffuso dal Sevieri, consisteva nel far parlare le vittime immergendone le estremità inferiori in un calderone pieno d’acqua bollente.

L'infame procedimento era chiamato dai delinquenti il "pedicure". In tal modo il Badino, sospeso ad una fune passatagli sotto le ascelle, fu immerso fino al ginocchio ripetutamente in due diverse riprese per l’eroica resistenza opposta e ne riportò scottature gravissime che lo misero in pericolo di vita e che non sono guarite ancora oggi (vedere rapp. dott. Laudo foglio II e 83 e Badino 46, oltre i resoconti di udienza).-

Si parlò poi della definitiva soppressione del Badino, per eliminare un pericoloso testimone e fu progettato il suo annegamento nelle acque di Portofino, dove lo avrebbe trasportato un motoscafo delle SS, ma fortunatamente tutto andò a monte grazie all’intelligente temporeggiare del medico curante dott. Laudo (che risultò poi essere un sapista denominato Isacco 313) ed al precipitare degli avvenimenti culminanti coll’insurrezione ed irruzione delle forze partigiane nel memorabile giorno del 24 Aprile.-

Il Mondatori fu sottoposto allo stesso procedimento, con conseguenze meno gravi, per la minore resistenza opposta dal disgraziato alla terribile tortura.-

Che dire poi di quell’altro eroico individuo che risponde al nome di Ghersi Giuseppe, catturato in un rastrellamento ed assoggettato ad ogni forma di tortura, dalla finta fucilazione alla fustigazione più crudele ed all’impiccagione reiterata, fino a fargli perdere del tutto la conoscenza ed a portarlo al limite della morte?.-

Nè sembra il caso, dopo gli illustrativi esempi riportati, di richiamare specificatamente l’episodio dello Iurse, poi fucilato e di molti altri. Occorre solo dire che organizzatore di tutto è stato il Franchi e materiali esecutori il Criscuolo, il Di Gennaro, il Prisco, il Niccoli, il Tenconi, il Sevieri ed il Sanna, quali facente parte della squadra politica o prestatori d’opera volonterosi ed altri ancora non completamente identificati. Partecipi in maggior o minor misura anche il Pierrotet, il Caglieri ed il Cossu. -

Rimane ad accennare ai molti rastrellamenti eseguiti dai reparti del Franchi, che portarono quasi sempre all’arresto di patrioti o loro famigliari ed una volta anche alla uccisione di un patriota ed al ferimento di un altro come nel caso di un’operazione condotta dal Pierrotet nella zona di S. Olcese ed a un rastrellamento in forza compiuto da tutto il Battaglione nella zona di Molassana in stretto contatto e collaborazione con forze militari tedesche.-

Infine, a completare il quadro, devesi ricordare il tentato omicidio in danno del patriota Rista Riccardo ad opera del Sanna e del Di Gennaro e l’attività delittuosa del Criscuolo in danno di detenute fatte oggetto di violenza a scopo di libidine e che poté essere pienamente provata solo nel caso della Parodi Angelita.-

Come inquadrare la responsabilità dei prevenuti in fatto ed in diritto?
Evidentemente la responsabilità di costoro, essendo la loro attività delittuosa volta, come mezzo al fine, allo scopo fondamentale di collaborazione diretta col tedesco invasore, non è conveniente, né avrebbe risultato pratico, di scinderla.-

Lo stesso delitto (ad esempio uno dei tanti episodi di fucilazione) mentre nell’intento e nel risultato pratico, costituiva forma di assistenza all’invasore, col terrore che veniva a diffondersi nella popolazione o mediante l'indebolimento delle formazioni partigiane, nella realtà si traduceva anche in omicidio, in una lesione o in un altro reato.- Si cadrebbe però in una ripetizione inutile, perché scendendo all’esame dei motivi dei due delitti, si avrebbe un incontro in quanto verrebbe a stabilirsi che la volontà determinante del commesso reato, in entrambi gli aspetti, è stata quella di prestare aiuto al tedesco invasore. -

Ugualmente, il concetto dell’assorbimento deve applicarsi anche agli svariati reati commessi in occasione del reato principale, dovendo la stessa violenza carnale essere considerata come una forma qualificata di sevizie dipendente dalla qualità del soggetto passivo.-

Ciò premesso deve osservarsi che prove stanno a dimostrare che l’attività delittuosa del Battaglione Franchi era volta a collaborare coi tedeschi. Infatti tutte le azioni repressive ed i molteplici crimini commessi, erano diretti contro le formazioni partigiane (le sole legali) e le organizzazioni politico-militari che preparavano la riscossa del nostro popolo. Tali azioni di collaborazione per loro natura, erano evidentemente coordinate coi comandi tedeschi ed alle volte (come nel caso del rastrellamento di Molassana) comandate dagli stessi tedeschi. Del resto, ove in ipotesi inammissibile, si dovesse ritenere trattarsi di attività volta a pro della repubblica sociale italiana in quanto le istituzioni fasciste consistevano per il principale scopo manifesto di appoggiare e favorire il tedesco invasore, ci si troverebbe di fronte ad un caso di collaborazione indiretta, compresa nella larga dizione dell’art. 1° del Decreto 22/4/45 n. 142.

In quanto alle responsabilità incontrate dai singoli imputati, è certo che la Corte non ritiene si debba fare alcuna distinzione, né in linea di diritto né di fatto fra la posizione dei capi Franchi e Criscuolo e quella del loro diretti collaboratori nelle sevizie, cioè Di Gennaro Giustino, Prisco Manfredi, Miccoli Salvatore, Tenconi Colombo, Sevieri Bruno, Sanna Salvatore. All’infuori che il Pierrotet Ernesto, il caso del quale intende considerare a parte.-

E’ ben vero che il Franchi ed il Criscuolo il primo quale comandante di Battaglione ed il secondo nella sua qualità di comandante di una Compagnia e della squadra politica possono considerarsi i veri artefici di quel perfetto strumento di collaborazione criminale che faceva capo alla Casa littoria di Sampierdarena. –

Si trattava di un’organizzazione fitta di spionaggio che aveva amplificazioni per ogni dove e che in massima parte agiva negli stabilimenti col manifesto proposito (vedi relazione n. 164 del 16 gennaio 1944 prodotta in sede di dibattimento dal teste Vice Questore Adamoli) di rifornire con materiale umano i campi di lavoro obbligatorio dei tedeschi.

Né per assolvere a tale compito o ad altri di collaborazione più diretta ed attiva, si esitava nella scelta dei mezzi.-

I più nefandi crimini come si è visto sono stati da loro ideati, diretti e perpetrati senza il minimo scrupolo e senza che si possa addurre giustificazione alcuna.-

Ma i dipendenti che prestarono la loro opera volontaria per condurre a compimento i crimini ideati dai capi, non possono non seguirne per intero la sorte.

In realtà nell’ambito di quella vasta organizzazione criminale che era il partito fascista repubblicano e che aveva poi espresso le pseudo formazioni militari delle brigate nere, si era costituita nella Casa littoria di Sampierdarena un’accolta di individui legati tutti capi e gregari, dalla sadica volontà della tortura cui sottoponevano nelle più spaventose forme i cosiddetti avversari politici. E non si noti un unico episodio di sevizie ma una serie ininterrotta che denuncia un’attività durata circa due anni.

Infatti l’attività di collaborazione dei prevenuti, tutti adulti ed aderenti, fin dalla costituzione della Repubblica Sociale Italiana, era già opera prima ancora della loro costituzione in brigate nere. Quindi non si tratta di un contributo occasionale, ma cosciente e che si attivò in forme che la mente umana non potrebbe spiegare altro che come frutto di profonda perversione del senso morale.

E se, oltre il Franchi ed il Criscuolo; il Di Gennaro, il Piccoli ed il Prisco, sono investiti più direttamente dalla denuncia del dott. Laudo e dal riconoscimento del Badino e del Mondatori, non meno gravi, rettilinee e persuasive sono le prove a carico del Tenconi, del Sevieri e del Sanna, indicati concordemente dal dottor Laudo, dal Mondatori, dal Ghersi Giuseppe, dalla Assereto Giuseppina ed altri, quali abituali seviziatori. Ma non solo prove indiziarie e circostanziali investono il Tenconi, il Sevieri ed il Sanna, che pur avrebbero avuto valore pieno data la natura dei fatti, le modalità di esecuzione dei crimini, la cura frapposta in genere per eliminare gli indizi e l’omertà che ha legato tutti i prevenuti all’infuori in parte del Cossu.

Il Tenconi è pure chiamato direttamente in causa per sevizie in danno dello Jurse (teste Laudo foglio 84) e del Mondatori (deposizione dello stesso foglio 60), il Sevieri per aver partecipato alle sevizie del Ghersi Giuseppe (deposizione all’orale dibattimento) essendo stato individuato fra gli accompagnatori sul luogo di tortura ed il Sanna infine quale compartecipe anche al tentato omicidio in danno del patriota Rista.

E poiché i fatti imputati erano tutti diretti a favorire il nemico e a portare nocumento alle forze armate italiane rappresentate dai patrioti, il Franchi, Criscuolo, Di Gennaro, Piccoli, Prisco, Tenconi, Sevieri e Sanna debbono essere condannati in conformità di quanto è sanzionato dall’art. 51 del Cod. pen. Mil. Di guerra.-

In quanto al prof. Pierrotet, la Corte, pur essendo evidente la sua responsabilità in linea di diritto, deve in linea di fatto riconoscergli delle attenuanti. Egli fu cosciente sostenitore ed assertore della necessità di appoggiare il partito fascista repubblicano e l’alleato tedesco (vedi teste Laudo foglio 86 e ripetuta dichiarazione dell’imputato in atti foglio 125 ed in udienza) ed ha compiuto atti idonei a tal fine, partecipando ad esempio al rastrellamento in [S.] Olcese da cui derivò la morte di un patriota ed il ferimento di un altro e collaborando col Franchi fino all’ultimo.

Il prof. Pierrotet, che a torto venne definito dal dott. Laudo, un enigma psicologico per il contrasto fra le idee professate e l’intolleranza verso i metodi esecutivi dei compagni di fede, non è altro che uno dei molti esempi, forniti dal fascismo, di individui sostanzialmente egoisti, incapaci di elevarsi neppure al livello comune per giudicare dei fatti umani, grettamente attaccati alle loro idee, capaci per sostenerle, di giustificare anche le azioni più ripugnevoli, incapaci di valutare le proprie.-

In nessun momento il prof. Pierrotet ha avuto uno slancio che rivelasse comprensione umana.-

Anche se in qualche istante ha provato orrore per le pratiche dei suoi camerati, tale moto non ha avuto seguito. Anzi, con una ostinazione, che costituisce la rivelazione della sua vera natura, si è preoccupato di difendere l’operato dei suoi compagni, protestando di ignorarne l’attività delittuosa e dichiarando (foglio 126 atti) anche per il caso orrendo del Badino che l’episodio doveva ritenersi frutto di ignoranza e di eccesso nell’esecuzione di un ordine. Il prof. Pierrotet non è stato però sincero quando ha allegato di ignorare le sevizie e torture della Casa littoria.

Intanto non è ammissibile che egli, nella sua qualità di aiutante maggiore del Battaglione potesse ignorare i quotidiani episodi di violenza e poi esiste la prova che egli partecipò all’eccidio di Sestri quale confortatore dei morituri, cui, come di consueto, era stato negato l’estremo ausilio della religione.

In particolare risultanze per testimonianza resa in dibattimento dal dott. Laudo, che il Pierrotet era pure presente quando dal Franchi venne decisa la condanna a morte dei patrioti Jurse e Spataro e che nella stessa circostanza il disgraziato Jurse venne colpito in modo così selvaggio dal Tenconi da rimanere tracce sanguinose su una parete per il cozzo della testa della vittima, mentre al Tenconi stesso derivava lo slogamento della mano per la violenza dei colpi inferti.-

Mai il Pierrotet ha sentito l’orrore della vita in comune con così odiosi criminali perché il suo manifesto concetto era che si trattasse di dure necessità rivoluzionarie, contaminate da qualche piccolo scusabile eccesso.- Basta leggere la sua corrispondenza con la moglie per convincersi di quanto sopra si è detto, luoghi comuni e pedestri vi ricorrono sciorinati all’insegna di Dio, Patria ecc. La carità cristiana ed il vero patriottismo erano così lontani dalla mente del Pierrotet che egli mai ebbe un cenno per la tragedia del popolo italiano in questi ultimi anni, mai percepì la mostruosità che derivava dal prestare, egli, professore e sedicente cristiano, tutto il suo appoggio ad un gruppo di banditi la cui principale attività era volta a torturare i cosiddetti avversari, in massima parte ragazzi sui vent’anni.- Il Pierrotet è tale individuo che non è stato mai in grado di domandarsi, come e per quale motivo tanti giovani affrontassero con tanto eroismo la tortura e la morte. Il Pierrotet quindi non è un puro ma bensì un criminale di genere particolare che trova il suo posto, per l’attività svolta nella banda del Franchi, ma a cui la Corte ritiene dover accordare qualche attenuante in virtù del fatto che non risulta abbia partecipato materialmente alle sevizie e che anzi sia intervenuto qualche volta per lenirne le conseguenze.-

Perciò considerando che egli è invalido della grande guerra, in applicazione dell’art. 24 cod. pen. Mil. di Guerra n. 1 ritiene di dover sostituire alla pena fissata dall’art. 51 cod. Pen. Mil. Esercito, quella della reclusione per anni venti.-

Sulla posizione del Caglieri e del Cossu.

Il Caglieri deve ritenersi uno sfacciato mentitore quando pretende far credere che egli era nella più assoluta ignoranza su quanto accadeva nella Casa Littoria, all’infuori della conoscenza avuta del caso Badino. Egli che fin dall’ottobre 1943 aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana iscrivendosi nel partito e che era stato assegnato al servizio interno con le mansioni di capoposto (nella stessa situazione quindi del famigerato Di Gennaro) fino al 15 febbraio 1945 è assolutamente inammissibile non fosse a giorno delle operazioni delittuose dei suoi camerati. Tuttavia, anche se non vi ha partecipato direttamente ed è lecito pensare il contrario, ha dato certamente l’ausilio del servizio di guardia, contribuendo così indirettamente a favorire i disegni politici del nemico (art. 58 Cod. Pen. di Guerra) col fatto di aver prestato man forte affinché gli elementi partigiani e patrioti fossero mantenuti in stato di carcerazione, ne così fosse inibita la fuga e potessero venire in definitiva consegnati, come in realtà ha fatto in innumerevoli casi, al tedesco invasore, per l’internamento in Germania.-

Analogo ragionamento vale anche a riguardo del Cossu che aveva le mansioni di carceriere. Solo che la Corte, nel fissare la pena, mentre ritiene di doversi stabilire in anni 15 di reclusione quella del Caglieri per il suo atteggiamento equivoco e per avere egli prestato dopo il 15 febbraio 1945, servizio di guardia armata in una caserma tedesca, stima di dover irrogare al Cossu il minimo della pena (dieci anni di reclusione) nonostante la particolare odiosità della sua mansione per avere egli, giusta le unanime dichiarazioni dei detenuti avuti in custodia, usato sempre sentimenti ed atti umani verso i soggetti ed avuto anzi degli impulsi di vera ribellione (come nel caso della detenuta Angelita Parodi).

Ritenuto che nei sensi suesposti deve modificarsi la rubrica e che le pene accessorie sono di legge (art. 9 legge 27/7/1944 n. 159 art. 27 Cod. Mil. di guerra).

P Q M

Visti ed applicati gli art. di legge (477 – 483 – 488 C.P.P. art. 9 legge Sforza) dichiara Franchi Benedetto, Criscuolo Nicola, Di Gennaro Giustino, Prisco Manfredi, Piccoli Salvatore, Tenconi Colombo, Pierrotet Ernesto, Severi Bruno, Sanna Salvatore colpevoli del reato di collaborazione col tedesco invasore a sensi delle disposizioni di cui al capo a) dell’imputazione con la diminuzione per il Pierrotet di cui all’art. 26 n. 1 cod. Pen. di guerra e così modificata la rubrica.

Condanna

Il Franchi Benedetto, il Criscuolo, il Di Gennaro, il Prisco, il Piccoli, il Tenconi, il Sevieri, il Sanna alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena ed il Pierrotet alla pena di anni venti di reclusione. Dichiara Caglieri Manlio e Cossu Giuseppe colpevoli a sensi dell’art. 58 cod. Pen. di guerra e così modificata la rubrica condanna il Caglieri alla pena di anni quindici di reclusione ed il Cossu alla pena di anni dieci di reclusione.-

Ordina la confisca dei beni degli imputati e la pubblicazione della sentenza nei modi di legge nei confronti dei prevenuti condannati alla pena di morte.-
Genova 3 luglio 1945

Il CancelliereIl Presidente
FilipponeCugurra


 

La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Speciale di Milano con sentenza 31 luglio 1945 annulla la sentenza nei confronti del Pierrotet e rimanda alla Corte Straordinaria di Assise di Savona.
Rigetta il ricorso degli altri imputati.-
Genova 5/8/1945
Il Cancelliere Filippone

La Commissione Alleata con provvedimento 19/11/1945 su parere del Ministro di Grazia e Giustizia, ha commutato la pena di morte inflitta a Di Gennaro Giustino, Niccoli Salvatore, Prisco Manfredi e Sanna Salvatore in quella di anni 30 di reclusione (nota 5604 del 21/11/1945 del Procuratore generale all’ufficio del P.M.).
Genova 22/11/1945
Il Cancelliere Filippone

Con nota 26 gennaio 1945 [così per 1946] n. 5604/2 indirizzata all’uff. del P.M. presso la Sezione Speciale di Corte di Assise la Procura Generale di Genova informa che con nota 21 corrente mese n. 558-45 il Ministro Guardasigilli comunica che non ha trovato motivi per proporre un atto di grazia a favore dei condannati Franchi Benedetto e Criscuolo Nicola.
Genova 30/1/1946
Il Cancelliere Filippone

Eseguita la sentenza capitale nei confronti dei condannati Franchi Benedetto e Criscuolo Nicola in Genova alle ore 7:35 del giorno 30 gennaio 1946.
Genova 30/1/1946
Il Cancelliere Filippone

Con provvedimento anzi con decreto Luogotenenziale 1/2/46 è stata concessa ai condannati Tencori Colombo e Sevieri Bruno la commutazione della pena di morte in quella dell’ergastolo.
Con D.L.L. 1/2/46 è stata concessa a Di Gennaro Giustino, Piccoli Salvatore, Prisco Manfredi e Sanna Salvatore la commutazione della pena di morte in quella di anni trenta per ciascuno.-
Genova 15/2/1946
Il Cancelliere Filippone

Con declaratoria d.p. 29/7/46 la Sezione Speciale di Corte d’Assise in virtù del D.P. 22/6/46 n. 4 di amnistia e di indulto dichiara estinto per effetto dell’amnistia il reato per il quale vennero condannati Cossu Giuseppe e Caglieri Manlio e cessata l’esecuzione della condanna della confisca dei beni e ne ordina la scarcerazione se non detenuti per altra causa. Dichiara commutata la pena dell’ergastolo a Tenconi Colombo e Sevieri Bruno in quella di anni 30 di reclusione e ridotta a 20 anni di reclusione quella inflitta a Di Gennaro Giustino, Prisco Manfredi, Piccoli Salvatore e Sanna Salvatore, fermo restando nei loro confronti tutti gli altri effetti penali della condanna.
29/7/1946
Il Cancelliere Filippone

La Suprema Corte di Cassazione respinge, con sentenza in camera di Consiglio del 15/11/1947 il ricorso di:
Di Gennaro Giustino – Prisco Salvatore – Sanna Salvatore – Tenconi Colombo e Sevieri Bruno avverso la ordinanza della C.A. sez. Speciale di Genova il 2° altresì avverso l’ordinanza 26/11/46 della stessa Corte che dichiara inammissibile il ricorso avverso alla ordinanza suddetta.
Genova 15/12/1947
Il Cancelliere Filippone

Li 16/2/1948 rilasciata copia in forma esecutiva alla Intendenza di Finanza di Genova.
Il Cancelliere Filippone

La Corte di Assise di Genova 3.a Sezione con separate declaratorie in data 17 maggio 1948 in virtù dell’art. 2 n. 4 D.P. 9/2/48 n. 32 dichiara condonati anni 10 di reclusione nei confronti di Tenconi Colombo e Sevieri Bruno rimanendo così per essi la pena residuale anni 20 di reclusione e dichiara condonati per Prisco Manfredi, Di Gennaro Giustino, Sanna Salvatore e Piccoli Salvatore anni 6 e mesi 8 di reclusione della pena che ancora debbono scontare che rimane così residuata in anni 13 e mesi 4 di reclusione.
Il Cancelliere Filippone

La Suprema Corte di Cassazione con sentenza 7/9/48 annulla la ordinanza 17/5/48 della Corte di Assise di Genova nei confronti del Prisco Manfredi ordinando che della pena di 30 anni inflitta dalla Corte Straordinaria d’Assise di Genova è ridotta un altro terzo del D.P. 9/2/48 n. 32.
Il Cancelliere Filippone

La Suprema Corte di Cassazione con sentenza 22/10/48 annulla l’ordinanza 17/5/48 nei confronti del Sanna, dichiarando condonati altri 10 anni di reclusione.
Il Cancelliere Filippone

La Corte di Assise di Genova con declaratoria 20/1/950 in applicazione del decreto 23/12/49 . 930 ha condonato un anno della pena nei confronti di Di Gennaro, Piccoli, Sanna, Prisco e Tenconi.
Genova 20/1/50
Il Cancelliere Monticone

Declaratoria 2371/59 C.A. Genova condona anni uno reclusione a Sevieri Bruno per dec. P. 23/12/49 n. 930.
Il Cancelliere Monticane

Copia conforme al suo originale che si rilascia per gli usi consentiti dalla legge.

Genova li 18 febbraio 1950

Il Cancelliere
(S. Lo Vecchio)


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