Le Arti
Le associazioni di mestiere o Arti sono organizzate a Genova come una vera e propria struttura di governo, diretta da una magistratura collegiale, i consoli (di solito due o più). Spetta a loro rappresentare l’Arte dinanzi alle magistrature di governo, vigilare sulla qualità dei prodotti venduti, giudicare le controversie tra artigiani, verificare il regolare svolgimento dell’apprendistato prima di approvare l’ingresso del nuovo artigiano nella matricola.
Ogni Arte è disciplinata da propri Capitula, veri e propri Statuti che, pur nella differenza tra le varie Arti, stabiliscono alcune regole comuni a tutte. Sono espresse sempre con grande precisione le norme relative all’apprendistato: la durata (per lo più fissata in non meno di sei anni), l’età minima e massima dell’apprendista, l’obbligo di dichiarare ai consoli entro 15 giorni le generalità dei famuli presi a bottega, la possibilità di accogliere apprendisti che hanno già lavorato con altro maestro solo previa licenza di quest’ultimo.
L’apprendistato è condizione obbligatoria per garantire a un giovane la possibilità di entrare nel mondo del lavoro come parte di una comunità organizzata e protetta, che tutela i propri iscritti. Diventare maestro e aprire una bottega rappresenta un’alternativa più che apprezzabile al lavoro dipendente, quello dei salariati che lavorano a cottimo e che subiscono senza possibilità di difesa le regole della domanda e dell’offerta.
Gli anni dell’apprendistato, trascorsi al di fuori della famiglia ed in totale balia del maestro e dei lavoranti più maturi, possono apparire meno duri se si pensa che il ragazzo, di età compresa tra i dodici ed i sedici anni, ha certo già vissuto l’esperienza del lavoro minorile, all’interno della propria famiglia o presso terzi. Durante gli anni dell’apprendistato, o famulatus, il giovane dipende completamente dal maestro di bottega, che si impegna a mantenerlo in cambio del suo lavoro.
1233, febbraio 11, Genova
Ugo Bafaro di Lavagna di San Michele affida al calegarius Oberto de Celi il proprio figlio Giovannino per cinque anni come apprendista.
AS Ge, Notai ignoti, 1, frammento 30 A.
Nell’accordo stipulato con Oberto, Ugo Bafaro promette che il figlio, del quale non viene indicata l’età, seguirà gli insegnamenti del maestro, ne custodirà i beni con buona fede e senza frode, gli consegnerà ogni guadagno realizzato durante i cinque anni dell’apprendistato e lo deruberà per una somma annua non superiore ai 12 denari. Si impegna, in caso di fuga del ragazzo, a riportarlo entro 15 giorni al maestro, al quale chiede di affidare Giovannino ad un bravo professionista della stessa Arte, qualora decidesse di traferirsi fuori del distretto di Genova.
I consoli delle Arti sono preposti alla tutela dell’apprendistato, per evitare abusi da parte dei maestri: punizioni corporali ripetute e/o immotivate, scarsità del vitto, sfruttamento del lavoro, mancato insegnamento, rifiuto di concedere l’attestato di fine dell’apprendistato. Molti maestri recedono dai propri obblighi se l’apprendista contrae una malattia che si protrae per più di 15 giorni. Per contro, gli apprendisti possono commettere furti ai danni del padrone, provocare danni ai suoi beni, insidiare le donne di casa, abbandonare il servizio senza autorizzazione del maestro.
1504, febbraio 28, Genova Bartolomeo de Ponte fu Quilico, speziere in Genova, dichiara di essere stato servito bene, con diligenza, fedeltà e buona fede da Gerolamo figlio del defunto Giovanni Rampono, di anni venti e più, che ha prestato servizio con lui come apprendista per oltre sei anni. | AS Ge, Notai antichi, 1200, n. 163. |
Al termine degli anni concordati, il maestro rilascia dinanzi ad un notaio l’attestato di corretta esecuzione dell’apprendistato, necessario perché i consoli procedano all’iscrizione del nuovo artigiano nella matricola dell’Arte. Il tentativo di tenere in bottega il più a lungo possibile un lavorante ormai esperto e senza stipendio rende frequente da parte del maestro l’abuso di procrastinare il momento del rilascio dell’attestato, significativamente chiamato liberatio famuli (liberazione dell’apprendista).
In tale occasione è frequente che venga versata dal maestro una sorta di buonuscita, che può consistere nel dono degli attrezzi del mestiere (ferra solita: per i tessitori si tratta del telaio) o di capi di vestiario in più rispetto a quelli forniti durante l’apprendistato o di merci prodotte nella bottega stessa (pezze di tessuto o altro). Se a volte il rapporto con il maestro si rivela conflittuale, non è infrequente che porti al consolidarsi di rapporti di affetto, che inducono il nuovo artigiano a restare nella bottega come socio ed a diventarne con il tempo il nuovo titolare, dopo aver sposato una delle fanciulle di casa.
Con l’ingresso nell’Arte, il giovane entra di diritto in una associazione di mestiere che, a fronte dell’obbedienza a regole comuni, protegge i suoi componenti dalle difficoltà della vita (si presta soccorso alle vedove ed agli orfani degli altri iscritti nella matricola dell’Arte) e dalla concorrenza esterna.
1340
Statuti della Compagnia dei Caravana
AS Ge, Compagnia dei Caravana, codice A
La Compagnia dei Caravana venne fondata nel XIV secolo come associazione degli scaricatori delle navi ai quali il Comune di Genova aveva concesso il privilegio di operare nei pontili di Banchi, del pedaggio e della calcina. I soci, esponenti delle maestranze specializzate chiamate dal governo genovese a vivere e lavorare in città, provenivano dall’attuale provincia di Bergamo, in particolare dalla Valle Brembana e dal Lago Maggiore. Nel 1487 l’appartenenza a questi territori venne formalizzata come requisito necessario per l’associazione alla Compagnia; questo provvedimento, insieme con l’obbligo, risalente al 1695, dell’attestazione della fede battesimale, ebbe come conseguenza fino al 1848 il ritorno delle mogli dei Caravana nei luoghi d’origine al momento del parto. La Compagnia fu sciolta a seguito del decreto ministeriale del 12 febbraio 1952.
Come tradizione dell’epoca, lo statuto della Confraria e Caritay de Sancta Maria de lo Carme prevedeva per gli associati una serie di obblighi di natura patrimoniale, religiosa e assistenziale e le relative multe da applicare ai contravventori. Nel 1381 la Compagnia disponeva nell’Ospedale di Santa Maria Maddalena di cinque letti, in seguito portati a sette, forniti di materassi, coperte e cuscini di piume. La cappella dei Caravana, nella quale avevano l’obbligo di ascoltare la messa, si trovava nella Chiesa di Santa Maria del Carmine ed era intitolata alla Santa Croce.
L’Archivio di Stato di Genova conserva quanto rimasto dell’archivio dei Caravana: sei manoscritti, tre dei quali membranacei, che riportano Statuti, sentenze ed atti diversi della Compagnia dal 1340 al 1843.
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