Giornata nazionale del paesaggio
Si è appena conclusa presso l’Archivio di Stato di Genova la mostra “Sulle tracce dei pastori in Liguria” (16 settembre 2020-6 marzo 2021), focalizzata sulle attività legate alla transumanza e all’allevamento pastorale nella nostra regione. La transumanza, inclusa dall’UNESCO nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità nel 2019, non solamente coinvolge rituali e pratiche sociali, ma ha anche un rilevante impatto ecologico e paesaggistico. Con la propria attività, pastori e greggi favoriscono la biodiversità vegetale e animale e costruiscono e mantengono il territorio. Nel paesaggio numerose tracce testimoniano dell’importanza di questo fenomeno, con un patrimonio architettonico, archeologico e ambientale da conoscere e preservare.
Un pastore ci parla del suo mestiere nel video al seguente link
Dal dettaglio di questo documento cartografico emerge con ricchezza di particolari la varietà di paesaggi e attività che potevano trovarsi nell’entroterra ligure alla fine del XVI secolo.
Pianta del territorio di Varese con la Selva detta Penna (fine XVI secolo). Disegno a penna dipinto ad acquerello su foglio unico, 400 x 1470 mm. ASGe, Manoscritti, 593. |
Questa rappresentazione panoramica a volo d’uccello raffigura una porzione del tratto appenninico in Alta Val di Vara prodotta alla fine del XVI secolo, costituito dal Monte Penna e dai suoi versanti sud orientali degradanti fino al corso del fiume Taro.
L’oggetto principale della cartografia, la Selva della Penna, la rende una delle più antiche “carte forestali” prodotte nei territori della Repubblica di Genova.
Il Monte Penna è uno dei rilievi più importanti dell’asse principale dell’Appennino ligure orientale, con 1730 m. di quota. Dal 1550 al 1805, il monte era collocato a intersezione tra i territori della Repubblica, i feudi Doria Pamphili e gli stati del Duca di Parma.
Il cartografo rappresenta la vetta rocciosa, evidenziata con la scritta «La penna». Parte dei toponimi o degli elementi confinari salienti (ad esempio «comincia la Selva della penna») sono scritti direttamente sul foglio, mentre altri sono stati aggiunti successivamente con minute etichette (ad esempio «la Tagliata»).
La Selva della Penna era un bosco “camerale”, entrato in possesso dello Stato genovese nel 1547, e adibito specificatamente a produrre uno speciale assortimento di pezzi di faggio diritti e lunghi di almeno dieci metri (detti, nella documentazione contemporanea, come «fo’ diritti et longhi») per la costruzione dei remi delle galee.
La veduta mostra i versanti del massiccio montano con la copertura vegetale: aree boscate (poste in sommità, negli impluvi secondari e lungo il corso del fiume), pascoli nudi («pradarie»), e pascoli alberati e nuclei abitati o “ville”, come la «la menta villa di Compiano», circondate da campi permanenti, forse terrazzati. In particolare, le «pradarie» erano stazioni prative caratterizzanti il paesaggio del piano submontano, la cui estensione bene testimonia l’economia dell’allevamento in cui i boschi erano utilizzati per il pascolo estivo di bestiame bovino ed ovino che gravitava attorno alla Selva. Le greggi ovine, ancora alla fine del XVIII secolo, raggiungevano numerose la selva in estate anche dai centri della sottostante Riviera di Levante.
Lungo la linea confinaria ancora oggi la vegetazione è costituita da una faggeta governata a ceduo, con parziali rimboschimenti primo novecenteschi di Pinus nigra e Abies Alba.
Anche in questo caso, come nel documento cartografico illustrato nella scheda precedente, sono sottolineate le colture e le semine temporanee. Queste pratiche avevano una valenza legittimatrice della giurisdizione e del possesso degli stati spazi; come la precedente anche questa carta deve essere stata realizzata nell’ambito di un conflitto liminare con i Landi, come testimonia la scritta «Territorio di Varese benché preso da Landesi» riportata su un prato pascolo alberato.
La carta testimonia anche un sapere faunistico locale: la gestione multipla dei pascoli arborati di faggio doveva avere anche un effetto di “attivazione” nei confronti della piccola fauna selvatica, come dimostrato dalle pasciute lepri raffigurate dal cartografo.
N. Gabellieri