Già nel 1674 le fonti riportano la volontà dei Gesuiti di costruire una chiesa secondo un disegno andato perduto. Gio Antonio Ricca junior, architetto affermato appartenente a una famiglia di costruttori originari dell’imperiese, elabora un nuovo progetto sul sito di un edificio di proprietà dei gesuiti che viene demolito a tale scopo. Nel 1723 iniziano i lavori, concludendosi l’anno successivo. L’architetto conferisce alla chiesa un impianto longitudinale centralizzato, secondo uno schema diffuso dai Ricca stessi e ricorrente nell’ambiente gesuitico. Con pianta a croce greca, la chiesa presenta quattro bracci di uguale lunghezza, tutti coperti dalla volta a botte, che si incrociano nel vano centrale, a vela ribassata, chiuso da pareti con angoli smussati. L’interno presenta uno spazio razionale, pulito, essenziale, in cui l’intonaco bianco conferisce luminosità all’insieme: viene rispettato il programma dei Gesuiti, per cui l’ambiente deve risultare privo di fasti, ornamenti o decorazioni che possano condurre sulla strada delle tentazioni. Si nota il cornicione, anche se sobriamente decorato a stucco, sempre di Gio Antonio Ricca. Lo spazio ecclesiastico presenta un grande equilibrio: architettura e decorazione plastiche convivono in armonia creando una soluzione spaziale elegante, luminosa e di grande respiro. Dalle fonti, citate dal Ratti, sappiamo che Lorenzo de Ferrari aveva realizzato due pale d’altare, collocate nelle cappelle laterali della chiesa, poste l’una di fronte all’altra, che raffiguravano San Stanislao e San Francesco Regis, due personaggi significativi per l’ordine dei Gesuiti. Tra le varie opere commissionate, oggetti di culto, crocifissi e dipinti, spiccava l’altare maggiore di Francesco Maria Schiaffino, ornato di pietre e marmi policromi. | |